venerdì 3 settembre 2010

Un bicchiere di vino.

Passeggio di sera per Milano, la nostra Milano, ancora poco affollata dai pochi rientri di fine stagione.
L'aria serale è già un po' più frizzantina, da fine estate, ed i negozi del centro iniziano a concludere la fase dei saldi, presentando le nuove collezioni.
Poca gente per strada, per lo più ancora turisti, o junior manager già rientrati a presidiare un business del quale nulla interessa veramente alle loro Corporation.
Passeggiamo tranquilli, osservando l'isola pedonale di Via Dante, con il Castello illuminato alle nostre spalle e i bar ristoranti con i tavolini in strada. Non me li ricordavo a Milano, è davvero troppo tempo che non vengo qui.
Mentre osserviamo un palazzo dalla facciata sfacciatamente bianca ('L'hanno ripulito, guarda, sembra di gesso...'), un uomo un po' trasandato e carico di borse si avvicina camminando nel senso opposto.
Lo guardo di sottecchi, più che altro lo tengo d'occhio, non sono molto tranquillo, è troppo che non vengo qui, non so bene cosa aspettarmi dalla 'mia' Milano che non è più proprio così mia...
Sembra immerso nei suoi pensieri, cammina deciso come sapesse esattamente dove andare, e mi rilasso un po', tornando a guardare più la
via che non proprio lui.
"Buonasera!" ci dice improvvisamente "Scusate, buonasera."
Lo guardiamo: gli occhi non sono vacui, nè allucinati. I modi sono garbati, ed anche dignitosi. Non è un questuante, non lo sembra.
"Volevo chiedervi un favore..."
Lo osservo meglio, leggermente più rilassato: vuoi vedere che, a dispetto dell'aspetto, vuole proprio chiederci un'informazione stradale?
Mi giro verso di lui e lo fisso: penso di avere uno sguardo quasi benevolo, ma non ne sono proprio sicuro.
Lui allora ci dice:
"Signori, avete da darmi una moneta?"
Poi si affretta ad aggiungere, quasi in tono di scusa, quasi giustificandosi: "No, tranquilli, non ho fame! Solo mi serve una moneta, 50 centesimi.."
Gli rispondo, guardingo: "Ma a che ti servono?"
E lui, con la naturalezza più assoluta, tirando fuori da tasca una manciata di altre monetine, mi risponde serissimo: "Per un bicchiere di vino!"
Allibisco per l'impertinenza che mi spiazza, ma mi sciolgo a ridere, e cerco nel mio jeans una moneta per quell'uomo.
Trovo un euro, ed ancora con un sorriso incredulo paralizzato sulle mie labbra, glielo porgo.
"Grazie, mi avete salvato la serata!", e con mezzo sorriso se ne va, contando i suoi averi ormai sufficienti per quella notte.
Restiamo lì a guardarlo mentre si allontana, bianco con i suoi capelli neri arruffati e con il suo fagotto nero sulla spalla.
Siamo fermi immobili, come imbambolati, in piedi nella via: non riusciamo a cancellare dalle nostre bocche quel sorriso storto che quell'uomo ci ha lasciato. E nemmeno riusciamo a cancellare quel senso di leggerezza verso i problemi (quelli che noi pensiamo di avere) che lui ci ha lasciato nel cuore al prezzo di una sola moneta.
Lui invece se ne va: cammina deciso come sapesse esattamente dove andare.

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