venerdì 14 agosto 2015

J.R. Moehringer - Il bar delle grandi speranze

Manhasser é un sobborgo della Grande Mela. Non c'é granche', se non un bar storico, posto proprio lungo la via principale: il Dickens.
Junior e sua madre vivono da soli, il padre si é allontanato quando JR é nato, ed il ragazzino, man mano che cresce, ha necessita' di avere attorno a se una figura non tanto paterna quanto maschile.
Lo zio Charlie, il suo unico zio, é un barista del Dickens: basta poco a far che il rapporto tra ragazzo e adulto diventi tra un ragazzine ed una pluralita' di adulti, tutti colleghi a vario titolo dello zio, e quindi tutti riconducibili al bar.
A poco a poco, crescendo, JR inizia a confondere la presenza maschile - educativa - accanto a se, con le presenze maschili nel bar di fianco a casa, ed a concludere che dove é il Bar, li' si trova anche - appunto - Casa...
E nei bar, si sa, si conversa, si gioca, si mangia, si litiga. Ma soprattutto si beve: JR cresce in maturita' assistito dal Bar e dai suoi piú assidui avventori, ma questo - il Bar, o meglio la sua essenza, fatta di solidarieta' e saggezza etilica - rappresentera' il suo piú grande scoglio. Un appiglio a cui aggrapparsi quando i marosi della vita diventano burrasche, ma contemporaneamente un faraglione invalicabile alla sua aspirazione di spiegare le vele, un grave handicap per le sue ali verso la vita futura.

Moehringer verra' premiato con il Pulitzer, quindi pochi dubbi su quello che succedera' nella trama che é autobiografica, ed ancor minori dubbi sulle sue qualita' di narratore.
Resta questo libro che per 99 centesimi é un grande elogio dei pregi del bere insieme, dell'essere uomini nel consumo di alcool, maestro nel deformare le realta' di tanti avventori in altrettante persone sagge o di successo: solo l'ultima riga spiega tutto l'arcano, ma nessun avviso in copertina impone di leggere tutto il volume, fino alla fine.

Bello ma potenzialmente pericoloso.

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