sabato 10 luglio 2010

Alessandro D'Avenia - Bianca come il latte, rossa come il sangue.

Quattro ore: tanto è durato il mio idillio con Leo e i personaggi che si muovono sullo sfondo della sua vita. Raramente riesco a 'fumarmi' (lo slang è qui d'obbligo) un libro a questa velocità, ma D'Avenia ha confezionato un bel prodotto: fresco, leggero, adattivo...
Adattivo?!? Sì, perchè si adatta perfettamente a quello che in cuor tuo speri proprio che succeda, a patto che uno riconosca che, se certe cose si avverassero, saremmo nel fantasy più che nella fiction.
Leo è un ragazzo di 16 anni, e lui si dibatte nei problemi serissimi della sua età: la scuola, le ragazze, gli amici, i genitori, il futuro (inteso come dopodomani, niente di più lungo)...
(Per inciso: poco importa se questi non sono problemi globali: forse è ora di capire che ogni età possiede i problemi che è capace di affrontare. Quelli più grossi, semplicemente, per loro non esistono..)
I suoi punti di riferimento sono quelli di un ragazzo di questa età: gli amici, i genitori e gli educatori. E quest'età è 'incerta', come l'ha splendidamente definita la Vegetti Finzi, proprio perchè alcuni punti fermi vengono a mancare, ed i ragazzi ne cercano ossessivamente altri, disposti a prenderli quali che siano purchè siano.
Leo divide la sua esistenza in colori: bianco=niente, rosso=emozione intensa, e così via. I fatti che vive gli faranno salire un altro gradino nella sua personalissima scala evolutiva, e scoprirà che nella dicotomia rosso/bianco ci sono altre gradazioni: azzurro, oro, nero.... E con questa nuova consapevolezza scopre anche alcune persone tra quelle che vivono intorno a lui; le scopre diverse da come le ha sempre viste. 
Il libro passa leggero attraverso alcuni grandissimi temi, come la morte, o come Dio: questa è la maggiore critica che viene fatta a D'Avenia, ma io ritengo che il punto di vista del ragazzo (focale in questo libro) è proprio così semplificato, e che bisogna di certo tenerne conto per capirne lo sviluppo. Perchè questo è sicuramente un libro diretto agli adulti: un ragazzo, leggendolo, capirebbe immediatamente che è scritto da un 'Prof' e non da un suo coetaneo, sia pur frequentante un liceo classico.
In definitiva, il libro è a mio avviso obbligatorio per chiunque abbia un adolescente (e intendo 'un' con o senza apostrofo), ma non sia così sfiduciato da considerarlo un mostro irrecuperabile: nella vita reale, infatti, il lieto fine è molto gradito, e questo libro una speranza la lascia.

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