Il giorno 3 di febbraio è dedicato a San Biagio, tradizionale patrono della "gola".
La credenza popolare vuole che a Natale, tagliato il consueto panettone, se ne debba accantonare una parte e la si debba conservare fino appunto al giorno di San Biagio. In quel giorno infatti si consumerà il panettone appositamente avanzato da Natale ('posso', come si dice qui da noi) e tale pratica preserverebbe la gola da spine di pesce indesiderate che altrimenti vi si conficcherebbero con tempi di guarigione lunghi e dolorosi.
Non so se è vero. Ma ho un bellissimo ricordo di questa ricorrenza, e di mia madre.
Quattordici anni fa, la sera del 3 di febbraio mia moglie ha partorito Edo, il nostro primo figlio.
Si può capire, trafelati in ospedale, ansiosi di fare la cosa giusta e preoccupati che tutto quanto concernente il parto andasse bene, io e mia moglie eravamo di fatto due naufraghi al San Raffaele: lei impossibilitata dalle condizioni a organizzarsi decentemente, io ancora lontano da tutti quei pensieri pratico-organizzativi che si dovrebbero fare.
"Ma tua moglie è ricoverata, a lei danno da mangiare loro: tu ti sei portato qualcosa da mangiare?"
La caduta dal pero fu pesante per me... "Eh?! Ah, no... Già... Non ci ho pensato..."
Erano momenti così.
E ho ancora negli occhi la mia mamma che levò un cartoccino dalla borsetta:
"Ti ho portato un pezzo di panettone di natale: sai, oggi è San Biagio, si mangia il panettone avanzato. Forse non ti preserverà la gola, ma magari... mangi qualcosa!"
In quel momento le ho voluto profondamente bene, come solo un figlio può con la sua mamma.
Ed ancora oggi il panettone, a San Biagio, per me ha il sapore di una nuova vita appena arrivata, di una felicità immensa che sazia e che contemporaneamente lascia affamati, di un momento in cui l'esistenza ti riserva uno dei suoi attimi indimenticabili.
Ma l'immagine: è quella di mia mamma al San Raffaele, in piedi tra le ante di un armadio asettico di una camera in penombra, mentre mi sorride.
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