giovedì 6 novembre 2008

Lentamente si muore... (poesia)

Questa poesia non è mia, non sono così capace; l'ho sentita alla radio solo stamattina, non la conoscevo prima e subito mi è piaciuta. E subito dopo l'ho cercata nella rete.
In parte (nei primi tre blocchi) rappresenta un po' la mia situazione, nel complesso illustra bene il mio pensiero.
Sembra attribuibile a Pablo Neruda, ma la fondazione omonima smentisce...
Comunque eccola: pubblicarla equivale a ricordarla.

Lentamente muore

Lentamente muore
chi diventa schiavo dell'abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco
e i puntini sulle "i"
piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle
che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno
di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore
davanti all'errore e ai sentimenti.

Lentamente muore
chi non capovolge il tavolo,
chi e' infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza
per l'incertezza per inseguire un sogno,
chi non si permette
almeno una volta nella vita
di fuggire ai consigli sensati.

Lentamente muore chi non viaggia,
chi non legge,
chi non ascolta musica,
chi non trova grazia in se stesso.

Muore lentamente
chi distrugge l'amor proprio,
chi non si lascia aiutare;
chi passa i giorni a lamentarsi
della propria sfortuna o
della pioggia incessante.

Lentamente muore
chi abbandona un progetto
prima di iniziarlo,
chi non fa domande
sugli argomenti che non conosce,
chi non risponde
quando gli chiedono
qualcosa che conosce.

Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo
di gran lunga maggiore
del semplice fatto di respirare.
Soltanto l'ardente pazienza porterà
al raggiungimento
di una splendida felicità.

lunedì 7 luglio 2008

L'uomo con il borsello

Tutto inizia con un weekend sulla sabbia, al mare.
Dove metto il portafoglio, l'immancabile cellulare, e le chiavi della macchina?
Dove le metti di solito...? Eh, già, ma non ho nè giacca nè borsa dell'ufficio...
La moglie risolve: guarda quel portadocumenti a mezza spalla nero ('borsello' è evidentemente una parola infetta, politically in-correct...): costa anche poco: provalo!
Eh, è comodo. E lo acquisto. E lo uso pure!

Ma poi torno a casa, mi vedo con gli amici per il caffè mattutino e... si aprono le danze: cosa è quella roba lì, ma cosa ti porti dietro, beh certo non è proprio da uomo di classe, ... quasi mi mortifico.
L'amico migliore mi guarda fisso, e poi mi apostrofa: "Esci da quel corpo immediatamente, e lascia in pace quel cristiano!"
Sono proprio mortificato, e forse si vedeva pure.
Anche mia moglie si eclissa...(Devo proprio andare: ciao a tutti!)

Ed ecco tutto ad un tratto il mio 'turnover' che affiora dirompente! (E' una delle sue prime volte: ne sono quasi orgoglioso...). Me ne sbatto, comunque è comodo, e poi.. che mi frega se non vi piace? Io lo porto lo stesso, e pure con molto charme!

Ecco, ce l'ho fatta: ed anche gli amici mi hanno guardato un po' ... strani.

Ed ho pensato: bella la MIA nuova vita...

MIA.

mercoledì 18 giugno 2008

Coaching: cosa è? Una bella idea.

Mi sono imbattuto per caso in questa cosa.
Non è - come si penserebbe - l'ennesima fregatura, ma sembra essere una cosa con serie basi.
Naturalmente bisogna capire subito come farlo: non è psicologia, perchè non si generano diagnosi. Non è consulenza, perchè non ci sono esperti che insegnano a inesperti. Non è neppure 'consueling', perchè non c'è un 'vecchio' che affianca un 'giovane' fornendogli soluzioni applicabili.
Il coaching è un rapporto tra pari grado, in cui uno, il coachee, ha UN OBIETTIVO da raggiungere, ed una somma di potenzialità più o meno inespresse dentro di sè; l'altro, il coach, invece non dà consigli o istruzioni, ma aiuta il suo coachee nel percorso di attuazione dei suoi progetti, stimolando solo la riflessione e aiutandolo nel chiarirsi le idee.
Si parte dal concetto basilare che ogni essere umano ha delle sue specifiche capacità (come confutare questo assunto?), e che ogni essere umano - nei suoi percorsi di crescita - può solo fare conto su quelle capacità, più o meno rinforzate da processi di ulteriore acquisizione di competenze ed abilità (anche qui La Palisse andrebbe a nozze).
Da questa base si arriva all'attività specifica di coaching: il coach aiuta il coachee SOLO a esplicitare fuori di sè le competenze che il coachee stesso sa di avere, e vigila affinché il coachee strutturi un percorso di crescita personale 'in linea' con gli obiettivi che si è posto.
Il coach, anche se magari sa bene di che si sta parlando, non interviene mai in prima persona, nè direttamente nè con consigli o consulenze, all'interno del processo di realizzazione dell'obbiettivo del coachee: il suo ruolo è quello di stimolare il coachee a creare un piano d'azione per lui realizzabile con le sue forze e le sue capacità, ed osservare che le successive azioni del coachee siano sempre in sintonia con tale progetto.
In questo assomiglia molto alla maieutica socratica: io so di non sapere, ma sono come una ostetrica, che mi adopero affinchè tu possa far nascere da dentro di te la conoscenza delle tue possibilità e delle tue capacità: cioè la tua sapienza.
Affascinante.

martedì 15 aprile 2008

Sono rimasto di sale...

Beh, devo dire che è proprio la prima volta che mi succede. Non che io frequenti chissà quali ambienti, ma...
Andiamo per gradi. L'altra sera ero a teatro, dietro le quinte, in attesa di entrare in scena. Ero in fondo ad una piccola scalinata, cinque gradini, ma un po' bui.
Ad un certo momento in cima alla scaletta appare la nostra costumista, una donna molto giovanile e dinamica, e sempre con i tacchi altissimi. Inizia a scendere le scale, ma mi sembra titubante, insicura...
Quasi automaticamente, e -confesso- un po' galantemente, le porgo una mano a cui aggrapparsi: e lei cosa fa?
Lei, sorridente e convinta, mi dà un... CINQUE!
Un cinque, capisci?
Ancora non ci credo, e rido da solo se ci penso...
Forse ha ragione il mio amico: troppo abituata a dare i due (di picche)!

domenica 13 aprile 2008

E vai! Anche la prima replica è ok!

La prima replica è andata bene anche lei. Temevo un grosso calo della mia concentrazione, e purtroppo c'è stato. Sono arrivato in teatro con pochissime energie, come svuotato dopo venerdì sera. Ho capito subito che sarebbe stata dura: e così è stato. Subito nel balletto iniziale ho mancato un movimento, ma sono riuscito a compensare... Poi ho cannato una pausa scenica, sovrapponendomi ad un applauso, con il risultato di vanificare la battuta successiva: per fortuna il capocomico ha rimediato improvvisando! E ancora nel secondo tempo ho avuto una incertezza nel balletto centrale. Però non ho cannato nulla nei due finali di tempo: cosa che invece ho fatto nel debutto. Sono comunque contento, anche perché dalla sala -mi dicono- non ci si è accorti di niente! E vai!!!

sabato 12 aprile 2008

Debutto alla grande!


Dopo la grande paura di prendere papere o di sbagliare passi, la 'prima' è passata. E molto bene anche. Stasera la prima replica: adesso il rischio è la caduta di concentrazione. Ma al pubblico è piaciuta, e questo è quello che conta per noi: l'applauso scrosciante!

venerdì 11 aprile 2008

L'Uomo in Frac

Prova dei costumi durante la prova generale!
Con tutto questo bianco, quanto dureranno?

giovedì 10 aprile 2008

Ieri sera prova generale

Oh oh! Non l'avevo ancora scritto: mi diletto di teatro.
E ieri sera c'è stata la prova generale (domani, venerdì, la 'prima').
Chi non ci è mai passato, probabilmente non lo sa: quando arriva la prova generale, in Compagnia si vive il momento più teso di tutta la stagione.
Ogni attore, anche l'ultima comparsina, diventa nervosissimo; tutti ci tengono a fare bene. E stranamente nessuno riesce più ad ascoltare alcun consiglio di colleghi ed amici senza perdere le staffe ed inveire loro contro senza ritegno; a meno che il consiglio (o in questo caso si dice rimprovero?) non venga direttamente da Lui, il regista: in tal caso il sentimento che viene generato è un misto di riconoscenza (per averti spiegato cosa stai sbagliando) e di apprensione (oddio, ma sono proprio io quello che non va? Mi leverà la parte?).
Alcuni manifestano questa sindrome già un paio di settimane prima: acuto nervosismo, insofferenza a tutto, a volte invece aperta ed eccessiva spavalderia, ostentazione di una sicurezza mai avuta prima... E sempre un pessimo rapporto con i colleghi alle ultime prove.
Io di norma sono piuttosto freddo, controllato, aperto all'ascolto ed ai consigli (il che non significa che li seguo sempre: li prendo in considerazione, ecco). Ma stavolta il panico da prova generale ha colpito anche me.
La mattina di ieri ero disfatto, stanco, incapace di affrontare qualsiasi difficoltà o imprevisto: insomma, una schifezza. Questo non è da me, chi mi conosce lo sa, e anche io me ne sono preoccupato (sai, le menate tipo: l'età, non recupero più gli strapazzi come una volta, dovrei dormire di più, chissà come mai oggi mi sento così...). Anche le solite attività che normalmente uso per farmi 'morale' sembravano non funzionare: che sia anch'io sull'orlo di una depressione - pensavo - io che credevo di esserne immune...
Poi piano piano verso tardo pomeriggio ho realizzato: non era depressione, età, stress...
Era panico.
Ansia allo stato puro (questa sì che mi appartiene), che mi bloccava ogni reazione, ogni iniziativa, ogni ... tutto!
Detto, fatto! Capito, risolto: un buon momento di concentrazione (ma è più bello dire 'di training', che fa più misterioso...), poi svuotare la mente da ogni punto del programma che avrei svolto nella serata, ed applicarsi in qualcosa di poco impegnativo MA diverso.
Un'ora prima della prova ero completamente guarito: energia sufficiente, concentrazione a 1000, determinazione e sense of umor q.b.

E la prova come è andata?
Dal 7 all'8.
Buono il recitato, buoni 2 balletti su 3: il terzo l'ho toppato tutto, ma ho anche capito dove, e per domani non ci sarà storia....

mercoledì 9 aprile 2008

Il nome :-) TURNOVER (-:

Turnover, come inversione di tendenza, come contropiede, come sostituzione:
si applica (con moderazione) alla vita reale, ed a quella sul web.

martedì 8 aprile 2008

Oggi parto con il Blog.

Turnover. Cioè Io oggi.
La mia prima volta sul Web, quello vero.
E' emozionante, ma anche un po' strano: sembra di rivivere il primo giorno di scuola, tanti anni fa.
O, meno romanticamente, è come entrare in un club popolato da sconosciuti, nel quale non sai se sarai ben accettato o meno, ma nemmeno sai se ti ci troverai bene, tanto da decidere di restarci o di tornarci ancora.
Eccitante, ma un po' spaventa, no?
Per fortuna poi tutto va sempre per il meglio, anche questa esperienza ....

Bene, e adesso che faccio?
Idee poche ma ben confuse. E di cosa parlo poi?
Ah, ma su questo ho deciso: evidentemente di quello che mi passa per la testa.
Perchè Turnover è il MIO spazio libero, che nessuno mi riesce mai a garantire nella vita di tutti i giorni, con tutti i laccetti e lacciuoli psicologici che il vivere con gli 'altri' ti genera ogni momento.
Intendiamoci, non ne sono frustrato: capisco la necessità di interagire con gli altri per vivere in un gruppo: ma a volte le aspirazioni, anche le mie, sono proprio diametralmente opposte a quello che 'sarebbe giusto' fare per il famoso 'bene comune'.
Qui invece non mi interessa sapere se quello che scrivo agli altri piace piace o no.
Turnover è il mio momento di Libertà, è un esperimento di rinascita, di novità anche interiore.
E' scoprire il vero 'nuovo' nelle cose di tutti i giorni, è ri-valutarmi criticamente per migliorare la mia vita.
Per me oggi libertà soprattutto non significa sottrarsi a impegni o obblighi (più o meno) liberamente assunti, ma casomai cercare con coraggio la novità nascosta dentro di me, o in attesa dietro il classico angolo.
Turnover è una sfida, al mia sfida con me stesso, le mie paure ed i miei limiti.
Ce la farò?
(Sì, certo, che diamine!)