martedì 26 aprile 2011

Apologia di un foglio bianco

Poco meno di due mesi fa ho fatto (e perso) una scommessa con una Amica. Il pegno previsto era un componimento a tema scelto dal vincitore; quando chiesi il pegno che avrei dovuto pagare, mi recapitò questa mail:

Soggetto: Apologia di una pagina bianca scritta in forma di elegia,
dedicata ad uno scrittore che si sente un poeta mancato

Motivazione: Non essendoci argomenti sui quali a priori penso tu non
possa scrivere, l'unica difficoltà poteva essere rappresentata dallo
stile... Dalla prosa alla poesia!
La ricevetti mentre ero alla guida della mia auto, e mi dovetti fermare per leggere e ben comprendere il senso del guaio che mi era appena accaduto.

venerdì 22 aprile 2011

Daniela Lovati - Teddy bear



Racconto più che romanzo, stante le sue 60 pagine, ma comunque fatica d'esordio per Daniela Lovati.
Ammetto che la conoscenza di famiglia verso l'autrice mi ha spinto a leggere un libro che dal titolo mi pareva fosse rivolto ad un pubblico più giovane.
Un bambino di cinque anni, ma già particolarmente maturo (nel senso di eccezionalmente equilibrato per l'età) riceve in dono un orsacchiotto viola, con le zampe e le orecchie lilla. Dato che lo desiderava immensamente, diviene il suo migliore amico e confidente.
Iniziata la scuola elementare, il bimbetto resta vittima di uno scherzo da bulletti, allorchè tre ragazzini di prima media gli sottraggono l'amichetto peloso, e lo ricattano a suon di merendine e soldini.
La vicenda offre il destro all'autrice per puntualizzare alcuni capisaldi educativi sia genitoriali, sia anche del mondo dell'insegnamento, che non possono che essere condivisi.
Prosa scorrevole e chiara, come se ne vedono poche ormai, concetti espressi a volte mediante le tecniche di coaching e di autoapprendimento guidato.
Un libro bello, che ti lascia, nelle sue poche pagine, molti spunti di riflessione, al di là della storia che ne è solo il tramite.


martedì 19 aprile 2011

Thinking about: L'opportunità nascosta al di là del mare.

Aprile 2011 - L'opportunità nascosta al di là del mare.

Le popolazioni del Nord Africa in questi giorni si stanno ribellando ai loro governanti. E' una vicenda che tocca marginalmente noi europei...
O almeno così crediamo vedendo gli approcci che hanno al problema i governi dell'Europa Unita: chi se ne preoccupa (Italia, Grecia..) lo fa pensando ai danni che un possibile flusso migratorio può provocare al loro territorio; chi non vuole sentirne parlare (Belgio, Germania...) lo fa pensando che il problema sia solo di quegli stati che i migranti li dovranno ricevere; e chi infine ne parla in chiave di bombardieri e lanciamissili (Francia, Inghilterra...) è perchè risulta interessato al valore economico dell'evento bellico, il quale provocherà un cambiamento, se non proprio della musica politica di queste zone, almeno nei relativi suonatori, che si suppone saranno 'riconoscenti' verso le nazioni 'amiche', offrendo a queste 'opportunità' economiche (leggi contratti per l'estrazione di petrolio e gas naturale).
Guardando i notiziari in queste sere, nei filmati vediamo queste popolazioni nordafricane, arabe, in un modo molto diverso dallo stereotipo a cui da sempre siamo abituati, e ciò mi fa specie. La tv satellitare ci mostra scene di guerriglia urbana: però non sono più popolate da poveracci bendati con pezze luride che macellano altri poveracci con le stesse guisa in nome di un satrapo locale, o tutt'al più di un Dio medioevale, bensì uomini (e - udite udite - anche donne) spesso ben vestiti, probabilmente con una preparazione culturale media superiore a quella di tanti irregolari che si trascinano per le nostre piazze, e con redditi dignitosi, i quali chiedono (spesso parlando un italiano accettabile, ma quasi sempre un inglese o un francese più che buono) libertà "politiche".
Ci stiamo accorgendo che l'era dell'arabo = uomo-del-cammello sta volgendo al termine, e con lui probabilmente stanno tramontando anche molte delle caratteristiche sociali, degli usi e costumi, delle differenze culturali che hanno reso difficile, anche in tempi recenti, la nostra convivenza con questi popoli.
Poi torni a soffermarti sui singoli avvenimenti di cronaca, torni ai morti ammazzati ed alle cariche della polizia contro i manifestanti (d'un tratto li scopri tutt'altro che pacifici ed inermi) e inevitabilmente si affaccia al nostro cervello l'italianissima chiave andreottiana per la lettura degli eventi: ma chi c'è dietro tutti questi fatti?
La paura immediata, il nostro fantasma irrisolto dell'undici settembre, suggerisce immediatamente che il vento di rivolta sia soffiato direttamente dalla bocca (e dalle tasche) dell'inafferrabile Bin Laden, con la sua organizzazione Al Qaida.
E d'altronde: dove imperversa di più questa rivolta?
In Egitto, paese storicamente 'amico' dell'occidente, anche perchè è più interessato a far visitare le sue località turistiche che non a vendere il suo petrolio: gli 'infedeli' devono potersi fidare degli Egiziani, altrimenti non verranno a vedere le piramidi o a nuotare nel mar rosso.
In Tunisia e (parzialmente) in Algeria: paesi storicamente moderati, con una lunga esperienza di dominazione francese alle spalle, ed una cultura occidentale già in parte sdoganata tra gli abitanti, che infatti non sono così integralisti come in altri luoghi arabi.
In Libia: altro paese 'moderato'... Vedo già le facce a punto di domanda: moderato? Nel senso che pur nell'anormalità dei comportamenti del suo leader, Gheddafi non era esattamente allineato alle posizioni politiche e religiose desiderate dall'Osama più importante (l'altro, che per la verità si chiama 'Obama', quanto a popolarità e ad importanza mi sembra in netto declino...): il satrapuccio libico in effetti faceva un po' quel che gli pareva a casa sua (Haarem e Bunga-Bunga inclusi) ma alla fine garantiva - al di là delle turbolenze verbali, ricorrenti e con studiata cadenza periodica - una stabilità di rapporti anche economici nella regione. 'Stabilità' per essere un Arabo nell'accezione europea del termine, ovviamente.
E potremmo continuare: in Siria, in Barein, in Oman...
Insomma l'idea che 'dietro' a queste sommosse militar-intellettuali ci siano gli interessi di Al Qaida ci ha sfiorato ben più che qualche volta.
Invece i governanti europei, loro che sono ben informati, ci rassicurano: sì, in effetti abbiamo notizia di qualche terrorista infiltrato tra i manifestanti, ma sono frange minoritarie, che tuttalpiù appoggiano questo grande movimento pacifico di rivolta verso i dittatori di sempre ed alla ricerca di libertà inalienabili. E continuano: dobbiamo salutare come benvenuta questa eccezionale onda di sollevamento popolare verso una presa di coscienza collettiva finalmente anche in quest'area, dove intere popolazioni stanno combattendo per la libertà e per il futuro.
Il fatto che il petrolio (ed il gas) e lo sbocco regionale sul mare non siano mai citati in questi discorsi avvalorerebbe la tesi che sia questa la vera motivazione della pulsione libertaria dei popoli nordafricani (oltre a spiegare l'ansia che hanno Francesi, Inglesi ed Americani di dare una dura lezione alla Gheddafi & figli...), ma lasciamo correre.
Come dovremmo lasciar correre sul fatto che magari c'è anche della gente, una parte di queste popolazioni, che questo cambiamento non lo desidera, e noi glielo stiamo democraticamente imponendo con i cacciabombardieri... ma tant'è: questo non è l'Afghanistan, o l'Iraq. E Obama - pur emulando in tutto (risoluzioni ONU incluse) George il giovane - in questo caso sta operando benissimo, con piena ragione...
Ma al di là dei giacimenti di gas, di Al Qaida, dei tiranni nepotisti, del petrolio, dei guerrafondai, una cosa resta: questi popoli stanno davvero sacrificando vite, spesso giovani vite, di uomini e di donne, per un valore. Confuso e sbiadito finchè si vuole, ma pur sempre valore è: la libertà. E con questa il progresso.
Ed allora, se - malgrado tutto quello che abbiamo detto prima - fossimo davvero sull'orlo di un cambiamento epocale nell'area?
Se davvero fosse giunto il momento in cui il Nordafrica si libera dalle pesanti sovrastrutture medioevali in cui è imprigionato da secoli, e si affaccia al convivio del mondo contemporaneo, non proprio libero, ma sicuramente sviluppato?
Al solo pensiero mi manca il fiato!
C'è nel NordAfrica una intera area geografica contigua, accomunata da lingua e religione sostanzialmente comuni (che significa una coesione di
fondo che la nostra Europa Unita manco lontanamente può sognarsi), che adesso è carente di tutto, che ha spazi e manodopera in sovrannumero, che ha risorse naturali stupefacenti, la quale d'un tratto potrebbe decidere che è ora di svegliarsi, di entrare nella lotta economica, di prendersi il posto nel mondo che a loro spetta di diritto.


Milioni di cittadini originari in quest'area sono oggi diasporati in tutta la vecchia Europa, ne conoscono le lingue, i costumi ed i segreti, anche produttivi; ma ne conoscono anche i limiti, politici e caratteriali. Tutti questi ingredienti possono generare un mix detonante, e spingere tutta l'Africa sopra il Sahara verso un boom economico pari almeno a quello dell'odierna India.
Potremmo essere di fronte ad un inizio: l'inizio di un periodo di sviluppo perentorio e vorace, in cui il motore trainante diventa l'Africa mediterranea, in stretta competizione con i giganti gialli e indù.
E dopo il declino economico dei paesi del Blocco Ex Sovietico, potremmo assistere al declino economico del Vecchio Mondo, svogliato ed (ex-)opulento, con il relativo spostamento del baricentro economico regionale, che si allontanerà dall'asse Bonn-Parigi, riposizionandosi sulle sponde meridionali del mare nostrum.
Se si tratta di un sommovimento epocale, ben poco potremo fare noi per contrastarlo, fosse solo per rallentarne la corsa. Ci vorranno una decina d'anni, ma succederà. I nostri politici italioti non riusciranno a organizzare nulla per impedirlo: ma anche se alzassimo gli occhi al di sopra del nostro orticello fatto di processi brevi, calciatori beoti e spogliarelliste dedite al lavoro più vecchio (e redditizio) del mondo, e provassimo a guardare all'Europa quale baluardo di secolari privilegi economici e di pregressi dominii culturali... non ci resterebbe che lasciar cadere a terra le nostre braccia (e non solo quelle, temo): nessuno farà nulla, paralizzati come tutti siamo nel timore di avvantaggiare un altro staterello membro a discapito del nostro.
Eppure c'è una opportunità nascosta in questo scenario: se il baricentro economico dell'area si sposterà, se davvero si posizionerà nelle acque più calde sotto la Sicilia (ma anche sotto il Peloponneso, o sotto Gibilterra), l'importanza strategica appunto della nostra Sicilia (e di tutta la penisola Italiana, partendo dal profondo sud per risalire via via verso il centro lo Stivale) aumenterebbe enormemente.
Merci e persone, flussi economici e migratori percorrerebbero le antiche vie, ma in senso inverso: passando attraverso l'Italia, le popolazioni europee raggiungeranno Lampedusa, che diventerebbe la porta di ingresso verso il benessere... ma stavolta il paese di Bengodi tornerebbe a situarsi al di là del mare. E l'Italia potrebbe in un futuro non così lontano rappresentare di nuovo la cerniera di congiunzione tra mondo ricco e mondo povero: solo che allora saranno i 'visi pallidi', noi europei, a cercare di trasferirsi in NordAfrica, nella Repubblica della Mezzaluna d'Oro.
Aspettando il nuovo flusso di 'bianchi sbiaditi' verso le terre del sole, servirebbe che la nostra prossima Classe Politica (il maiuscolo è una forma di rispetto per quella che verrà, poichè non è applicabile a quella odierna), archiviato il periodo Ruby-Rubacuori, iniziasse a pensare a come cavalcare questa opportunità: la nostra penisola sembra posizionata appositamente per fungere da 'ponte' tra le due aree, e se sapranno investire in infrastrutture per potenziarle adeguatamente, se sapranno investire in formazione dei nostri giovani, non più costretti per una volta a risalire lo stivale per tentare di migliorare il loro status, forse il nostro Sud dimenticato e penalizzato potrà trasformarsi da Periferia dell'Impero a cuore del Nuovo Mediterraneo.
Dobbiamo però sbrigarci, perchè di Sicilia ce n'è solamente una, ed il suo ruolo sarà talmente importante che se non ci investiamo in fretta andrà a finire che i Siciliani reclameranno di poter vivere la loro opportunità e, come i nostri leghisti continuano a suggerire, opteranno per la scissione dall'Italietta per fare finalmente da soli...
O magari (parafrasando una barzelletta nordista) si faranno invadere dalla Tunisia, per poi essere annessi a pieno titolo alla costituenda Repubblica della Mezzaluna d'Oro.

giovedì 14 aprile 2011

Michael Connelly - La lista


Ultima fatica tradotta di Connelly.
Il celebre giallista statunitense racconta una vicenda di legal-thrilling, facendo agire un suo vecchio personaggio, l'avvocato difensore Mickey Haller, ed al suo fianco - anche se lungo parabole che non si intrecciano quasi mai - il suo investigatore preferito, Harry Bosch.
Haller sta uscendo da un periodo di disintossicazione, dopo aver distrutto buona parte della sua vita, e mentre cerca di ritornare a praticare l'arte forense, si ritrova sommerso da un grosso gruppo di pratiche, a lui riassegnate dal tribunale dopo la morte violenta del precedente titolare, l'avvocato Vincent.
Mentre se ne prende carico, Mickey scorre la lista dei clienti acquisiti, e scopre di avere un pozzo d'oro: il big boss di una casa produttrice emergente a Hollywod è sotto processo perchè accusato di aver ucciso moglie e relativo amante.
E la parcella viaggia a cinque zeri...
Haller ci si butta, ma ben presto scopre che non tutto è rose e dollaroni; tra l'altro l'assassino di Vincent pare essere interessato anche a lui.
Arriva così a stringere un accordo con il Detective Bosch, perchè lo protegga smascherando chi ha ucciso il suo predecessore.
Un Connelly molto scorrevole come sempre: stavolta ha usato uno stile molto 'Grisham-iano', devo dire con piena soddisfazione del lettore.
Dopo la primissima parte, investigativa, il racconto prende il volo, attanagliandoti alle pagine fino alla fine.
Bello.

giovedì 7 aprile 2011

Storiella di marketing

Un giorno, un non vedente era seduto sul gradino di un marciapiede con un cappello ai suoi piedi e un pezzo di cartone con su scritto: 
«Sono cieco, aiutatemi per favore» 
Un pubblicitario che passava di lì si fermò e notò che vi erano solo alcuni centesimi nel cappello. 
Si chinò e versò della moneta, poi, senza chiedere il permesso al cieco, prese il cartone, lo girò e vi scrisse sopra un'altra frase. 
Al pomeriggio, il pubblicitario ripassò dal cieco e notò che il suo cappello era pieno di monete e di banconote. Il non vedente riconobbe il 
passo dell'uomo e gli domandò se era stato lui che aveva scritto sul suo pezzo di cartone e soprattutto che cosa vi avesse annotato.   
Il pubblicitario rispose: 
"Nulla che non sia vero, ho solamente riscritto la tua frase in un altro modo"
Sorrise e se ne andò.   
Il non vedente non seppe mai che sul suo pezzo di cartone vi era scritto:
"Oggi è primavera e io non posso vederla". 

Morale: Quando le cose non vanno come vorresti cambia la tua strategia e vedrai che poi andrà meglio.