martedì 27 luglio 2010

Nudo, foglie verdi e busto

Il maggiordomo bussò discretamente alla porta dello studio, e poi entrò fermandosi poco oltre la soglia con compita deferenza.
"Mi ha chiamato, Signore?" chiese con la consueta cantilena senza inflessione.
Sasha restò seduto sulla poltrona di pelle rossa collocata proprio nel mezzo del locale, e continuò a guardare fuori dalla finestra: all'esterno la mattinata di primavera incominciava a mostrare qualche colore in più oltre ai soliti bianco-neve e bruno-tronco-d'albero-spoglio. Alla varietà cromatica si erano aggiunti il verdolino della prima erbetta appena spuntata dalle nevi e l'azzurro tenue dei primi cieli non più velati da plumbee nubi cariche di elementi pronti a rovesciarsi di sotto.
"Hai già saputo, James?"
Gli piaceva chiamarlo James: per Sasha lui 'aveva' una faccia da James, non avrebbe dovuto chiamarsi in altro modo con una figura come la sua, alto e impettito come se avesse divorato un palo, ma al contempo armonioso ed elegante in tutte le sue movenze. Così lo chiamava James daquando aveva iniziato il suo servizio in quella casa....


Da "Scrivere... per essere letti"
Leggi tutto: http://pennelibere.blogspot.com/search/label/Nudo%20foglie%20verdi%20e%20busto

domenica 11 luglio 2010

Carlos Ruiz Zafòn – Il palazzo della mezzanotte


Nella Nota dell'Autore, in premessa, Zafòn dichiara che questo romanzo è un elaborato per ragazzi che ha l'ambizione di piacere a giovani e meno giovani.

Sul fatto che sia un romanzo per ragazzi, mi trova perfettamente d'accordo.

Ambientato a Calcutta, nel maggio del 1932, parla di un gruppo di orfani che si uniscono in società tra loro per raccontarsi storie di fantasmi, giurando di proteggersi tra loro fino alla morte(!).

In questa situazione finiscono davvero per trovarsi coinvolti in una storia di fantasmi veri, e la morte ad un certo punto li lambisce davvero.

Solido romanzo, con accenni all'horror per ragazzi nello stile lieve di Zafòn, mai truculento. L'opera è infarcita di valori di amicizia, solidarietà, verità, giustizia e via di questo passo, ed è narrata nella consueta dicotomia "Ragazzo è ingenuo perciò buono/Adulto è conscio perciò cattivo".

La trama affascina e tiene incollati al libro senza pause fino alla fine. Ma il contenuto è assolutamente fiabesco, cioè per nulla verosimile.

Una bella favola, ben scritta. Adatta anche a un pubblico minore, fin dai 12 anni.

Ma, in verità, l'ambizione dell'autore dichiarata in premessa, a mio avviso, resta solo ambiziosa.

sabato 10 luglio 2010

Alessandro D'Avenia - Bianca come il latte, rossa come il sangue.

Quattro ore: tanto è durato il mio idillio con Leo e i personaggi che si muovono sullo sfondo della sua vita. Raramente riesco a 'fumarmi' (lo slang è qui d'obbligo) un libro a questa velocità, ma D'Avenia ha confezionato un bel prodotto: fresco, leggero, adattivo...
Adattivo?!? Sì, perchè si adatta perfettamente a quello che in cuor tuo speri proprio che succeda, a patto che uno riconosca che, se certe cose si avverassero, saremmo nel fantasy più che nella fiction.
Leo è un ragazzo di 16 anni, e lui si dibatte nei problemi serissimi della sua età: la scuola, le ragazze, gli amici, i genitori, il futuro (inteso come dopodomani, niente di più lungo)...
(Per inciso: poco importa se questi non sono problemi globali: forse è ora di capire che ogni età possiede i problemi che è capace di affrontare. Quelli più grossi, semplicemente, per loro non esistono..)
I suoi punti di riferimento sono quelli di un ragazzo di questa età: gli amici, i genitori e gli educatori. E quest'età è 'incerta', come l'ha splendidamente definita la Vegetti Finzi, proprio perchè alcuni punti fermi vengono a mancare, ed i ragazzi ne cercano ossessivamente altri, disposti a prenderli quali che siano purchè siano.
Leo divide la sua esistenza in colori: bianco=niente, rosso=emozione intensa, e così via. I fatti che vive gli faranno salire un altro gradino nella sua personalissima scala evolutiva, e scoprirà che nella dicotomia rosso/bianco ci sono altre gradazioni: azzurro, oro, nero.... E con questa nuova consapevolezza scopre anche alcune persone tra quelle che vivono intorno a lui; le scopre diverse da come le ha sempre viste. 
Il libro passa leggero attraverso alcuni grandissimi temi, come la morte, o come Dio: questa è la maggiore critica che viene fatta a D'Avenia, ma io ritengo che il punto di vista del ragazzo (focale in questo libro) è proprio così semplificato, e che bisogna di certo tenerne conto per capirne lo sviluppo. Perchè questo è sicuramente un libro diretto agli adulti: un ragazzo, leggendolo, capirebbe immediatamente che è scritto da un 'Prof' e non da un suo coetaneo, sia pur frequentante un liceo classico.
In definitiva, il libro è a mio avviso obbligatorio per chiunque abbia un adolescente (e intendo 'un' con o senza apostrofo), ma non sia così sfiduciato da considerarlo un mostro irrecuperabile: nella vita reale, infatti, il lieto fine è molto gradito, e questo libro una speranza la lascia.

venerdì 9 luglio 2010

Ildefonso Falcones - La mano di Fatima

Dopo la Cattedrale del Mare, libro lunghissimo e molto interessante, che in definitiva mi era proprio piaciuto, mi sono cimentato in un altro 800 del Falcones.
L'argomento è legato ai Moriscos (i musulmani spagnoli di origine araba, perseguitati dall'Inquisizione), ed è sviluppato da Falcones con un indubbio accurato approfondimento delle tematiche storiche (nel racconto
abbiamo il resoconto di una serie di insurrezioni contro la cattolicissima corona spagnola, tutte stroncate nel sangue grazie all'atteggiamento del sovrano turco).
Ma l'autore non si limita a un romanzo storico: approfondisce accuratamente la spiritualità moresca, e la conseguente fede nel Profeta, e prova a dipingere gli spagnoli 'cristiani vecchi' come oppressori anzichè come virtuosi propalatori di un credo vero e giusto.
I Moriscos ci fanno un po' la figura dei nativi americani, vessati e angheriati dai ferventi cristiani che portano la civiltà a dei selvaggi.
Il punto di vista del racconto è interno alla comunità moresca: e questo dà il destro a Falcones di approfondire svariati tratti della cultura musulmana, sia in chiave religiosa che in chiave semplicemente... culturale.
Il nostro protagonista, come già accadde la volta precedente al suo collega de 'La cattedrale del mare', riesce a non farsi mancare niente: in 800 pagine e poco meno di 40 anni di vita riesce ad arricchirsi e a immiserirsi una dozzina di volte, passando dallo status di più onorato a quello di più detestato della sua comunità: almeno una decina di figli, alcune mogli e alcuni amori condiscono tutta la storia, con la straordinaria capacità del protagonista di intuire sempre la decisione peggiore, e inevitabilmente sceglierla in tutta libertà.
Falcones è ammirabile, perchè riesce in due intenti non da poco: rendere tanto inverosimile il suo personaggio da essere perfettamente reale, e saper narrare in 800 pagine quello che un qualsiasi saggista avrebbe faticato nel raccogliere in un centinaio di cartelle, bibliografia inclusa.
Il giudizio? Bello, ma deve piacere il genere.