giovedì 30 aprile 2009

Joseph, il musical


Ieri sera siamo andati, Nora i rospi ed io, a vedere questa cosa curiosa.
Sono rimasto stupefatto: attori giovanissimi, buoni ballerini e cantanti esuberanti, in una produzione abbondante e curata.
La storia è quella biblica, la ricostruzione molto esilarante, piena di camei e di gags fondati sulla scanzonata trasposizione temporale ai giorni nostri di alcuni particolari della vicenda: il Faraone che... gioca in borsa, l'amministratore dei beni che tutto ad un tratto... telefona, e via di trovata in trovata.
Poi il tutto è rigorosamente cantato dal vivo: abbiamo visto il sudore del tecnico audio nel tenere sotto controllo le esuberanze vocali della voce narrante, abbiamo anche sentito calare la voce per un microfono mal gestito...
Bravi! Bravi davvero!

Magnifico, da consigliare a tutti coloro che hanno figli in età da musical!

Riporto la recensione del sito web persiinsala, del 17/4/2009.

"Al Teatro Nuovo di Milano, il 29/30 Aprile - ore 20.45, dagli autori di “Jesus Christ Superstar“, Andrew Lloyd Webber e Tim Rice, Joseph il musical coloratissimo, interpretato da un cast di 30 giovani artisti, ideali anche per bambini e ragazzi.


“Joseph e la strabiliante tunica dei sogni in technicolor” è il primo musical firmato da due dei più grandi autori di musical del nostro tempo: Andrew Lloyd Webber e Tim Rice.

La trama dello spettacolo, semplice e lineare, si inspira a una delle più famose storie bibliche conosciute: è il racconto di Joseph, figlio di Jacob, che tradito dai fratelli viene venduto come schiavo.

Grazie alla sua grande capacità di saper interpretare i sogni, il faraone, da tempo turbato da inspiegabili sogni, lo chiama a lavorare per lui. Così Joseph interpretando i suoi sogni riesce a salvare l’ Egitto dalla carestia e a farsi nominare vicere. I suoi fratelli, intanto, disperati e affamati a causa della carestia si trovano costretti ad andare in Egitto per chiedere aiuto al Faraone. Joseph non si fa riconoscere e decide di incastrare Benjamin, in più piccolo dei suoi fratelli, per vendicarsi. Vedendo che i fratelli hanno appreso la lezione, decide di comportarsi con Benjamin diversamente da come si erano comportati con lui, rivela ad essi la sua identità e li perdona.

La prima stesura di questo spettacolo, della durata di soli 15 minuti fu scritta come saggio per una scuola inglese fino ad essere rappresentano in versione professionale sia nel Regno Unito che all’estero.

In Italia lo spettacolo ha debuttato per la prima volta nel 2002 (produzione ROCKOPERA) e ha visto alternarsi sul palcoscenico interpreti di grande successo come Rossana Casale e Antonello Angiolillo diretti da Claudio Insegno.

La BMC di Lucca ripropone lo spettacolo mantenendo la traduzione realizzata per ROCKOPERA nel 2002. La BMC ha riadattato lo spettacolo per una versione con in scena un cast venticinque giovani artisti selezionati sul panorama lucchese, con tanta voglia di comunicare emozioni con questo divertente spettacolo, reso tale anche dalle musiche che lo accompagnano per tutta la durata.

Un cast creativo e artistico interamente composto da giovani che donano allo spettacolo tanta freschezza ed energia. il tutto rigorosamente dal vivo."

Basket: come nacque la mia passione...

Il testo non è mio, ma è tratto da un sito (http://www.basketcavenago.brianzaest.it/news.htm): lo riporto perchè racconta come per me fu l'inizio della passione del basket.
Sul sito originale ci sono anche delle foto, nelle quali sfido chiunque ad identificarmi...

"Le prime partite di basket a Cavenago Brianza

È l’inverno dell’anno scolastico 1971/72.
Da allora sono passati 38 anni.
La scuola elementare di Cavenago è situata in via 25 Aprile, nella palazzina che ora ospita gli ambulatori medici e il CUP; alcune aule sono dislocate al primo piano di palazzo Rasini.
Le bambine ed i bambini della classe 4^B, che tra le materie del doposcuola scolastico hanno “Giochi sportivi”, a causa della brutta stagione non hanno più la possibilità di uscire a giocare nel giardino dove si cimentano on partite di calcio e gare sportive.
E all’interno della scuola non è facile organizzare giochi di movimento.
Esplorando l’edificio scolastico per trovare nuovi spazi, un giorno quasi per caso aprono una porta; c’è una scala che conduce al seminterrato.
Si trovano così in uno stanzone, quasi vuoto, che a loro (che lo guardano con i loro occhi da bambini) sembra immenso.
In un angolo ci sono solo due lunghi e massicci tavoloni di legno, da tempo inutilizzati.

Il locale è mal illuminato e polveroso, però suggerisce, non si sa a chi, un’idea, e cioè quella che potrebbe diventare un campo da gioco, e precisamente un campo da basket.
Con il permesso dell’allora Assessore alla Pubblica Istruzione, l’insegnante e quattro alunni si fermano al termine delle lezioni pomeridiane (allora al pomeriggio si frequentava il “doposcuola” organizzato dal Patronato scolastico) e con tanta buona volontà, alcuni grossi pennelli e tante confezioni di tempera, imbiancano le pareti.
Ora il locale è più accogliente e più luminoso, anche perché l’insegnante sostituisce le lampadine con altre di maggiore voltaggio.
I due tavoloni vengono messi in piedi, uno di fronte all’altro, sui due lati più stretti dello stanzone; nella parte più alta di ogni tavolo, così sistemati, viene fissato con delle viti un cerchio di ferro (un rudimentale canestro senza retina), regalo che la classe ha ricevuto dal fabbro, padre di uno degli scolari.
Con l’aiuto di alcune bambine e bambini volenterosi, grazie al prestito delle scope del bidello, il pavimento viene lavato; questa pratica si ripeterà almeno una volta alla settimana, fino alla fine dell’anno.
Iniziano così le prime partite di basket, con gli alunni divisi in tre squadre, impegnate in una specie di campionato; per far giocare tutti sono previsti cambi obbligatori ogni cinque minuti.
I nomi scelti sono quelli delle squadre che allora vanno per la maggiore: Simmenthal, Ignis e Forst.
Si iniziano a conoscere le prime regole, anche se per molti sono difficile da rispettare; soprattutto nel primo periodo, al posto della partita, si svolgono allenamenti nei quali si provano il palleggio, il tiro da fermo, il tiro in corsa ed in sospensione, i passaggi ad una mano, a due mani, schiacciati…
L’anno successivo, in quinta, genitori e adulti amici dell’insegnante aiutano a migliorare la situazione.
Il direttore di uno stabilimento di vernici della zona non solo regala la vernice rossa anti-polvere per dipingere il pavimento, ma dedicando una sua intera serata libera alla classe la stende personalmente. Il risultato è sorprendente: il bianco delle pareti ed il rosso del pavimento danno l’illusione di un vero impianto sportivo. E appena il campo è asciutto, con vernice bianca e nastro da carrozziere, l’insegnante ed alcuni scolari tracciano le righe e le lunette.
Un negoziante vende all’insegnante, a prezzi particolarmente favorevoli, dieci maglie da basket (cinque rosse e cinque gialle) e dieci pantaloncini.
Da allora, ad ogni intervallo e nelle ore del doposcuola dedicate alle attività sportive, indossando magliette e pantaloncini, si disputa un regolare campionato di basket con andata e ritorno, a cinque squadre (Garibaldina, Magnifici, Dinamite, Popcorn, Proiettili)
Chi non gioca, perché in quel giorno la sua squadra non è impegnata, può essere arbitro o impegnato al tavolo della giuria oppure semplicemente tifoso.
Sul giornalino di classe, nella pagina sportiva, sono riportati i risultati: classifiche dei marcatori, conteggi dei falli, uscite dal campo per i cinque falli…
Non si sa se queste sono state le prime “vere” partite di basket giocate a Cavenago Brianza. Quelle partite rappresentano comunque, per tanti signori e signore ormai vicini alla cinquantina, un bellissimo ricordo di un’infanzia creativa e ricca di emozioni, nella quale una cantina sembrava un Palazzetto dello sport e tutti, pur di giocare, erano disponibili ad imbiancarne le pareti o a lavarne il pavimento."

martedì 28 aprile 2009

Genitori s'impara. Per chi ancora non sa...

Questo decalogo è stato attribuito a Colin Bowles; io non so dire se sia vera l'attribuzione, ma il contenuto è verissimo!

Genitori s'impara:

1. Donne: per prepararvi alla maternità, mettetevi una vestaglia appesantita sul davanti con un sacchetto di fagioli. Lasciatelo lì per nove mesi. Allo scadere dei quali, togliete il 10 per cento dei fagioli.
Uomini: per prepararvi alla paternità, andate dal farmacista, aprite il portafogli e ditegli di servirsi senza complimenti. Poi andate al supermercato, e disponete affinché il vostro stipendio venga versato direttamente alla direzione.

2. Per sapere come sarà la notte, passeggiate per il soggiorno dalle 17 alle 22 con un sacco bagnato di quattro o cinque chili in braccio. Alle 22 mettete giù il sacco, regolate la sveglia per mezzanotte e andate a letto. A mezzanotte alzatevi e passeggiate per il salotto con il sacco fino all'una. Puntate la sveglia per le 3. Alzatevi alle 3. Cantate canzoni al buio fino alle 4. Mettete la sveglia per le 5. Alzatevi. Preparatevi la prima colazione. Andate avanti così per cinque anni. E su con la vita.

3. Svuotate un melone e scavateci un buco in cui possa entrare una pallina da golf. Appendete il melone al soffitto e fatelo dondolare. Preparate una pappina, e cercate di infilarla con un cucchiaino nel buco. Continuate fino a esaurimento di metà della pappina. Versatevi il resto in grembo. Ora siete pronti per nutrire un bambino di 12 mesi. Per allenarvi a stare con uno più grandicello, spargete zuppe sul divano e marmellata sulle tendine.

4. Vestire un bambino piccolo non è facile come sembra. Per prima cosa compratevi un polpo e una borsa di rete. Cercate di mettere il polpo nella borsa in modo che non ne fuoriesca nemmeno un tentacolo. Tempo assegnato: tutta la mattinata.

5. Scordate l'auto immacolata e lucente. Comprate un gelato al cioccolato, mettetelo nello scomparto porta-guanti e lasciatecelo. Infilate una moneta da 50 centesimi nel lettore CD. Spalmate un pacco di biscotti al cioccolato sui sedili posteriori. Passate un rastrello sui lati della macchina. Ecco, così è perfetta.

6. Si va a spasso. Aspettate fuori dal bagno per mezz'ora. Uscite dal portone. Rientrate. Uscite. Rientrate. Uscite di nuovo e camminate sul marciapiedi. Tornate indietro. Riuscite e camminate piano per cinque minuti. Per strada, fermatevi a ispezionare con cura ogni mozzicone di sigaretta, gomma da masticare, fazzoletto di carta e insetto morto. Tornate sui vostri passi. Strillate che non ne potete più finché i vicini non escono allarmati. Ora potete portare a passeggio un bambino piccolo.

7. Andate al supermercato, portando con voi la cosa che più assomigli a un bambino in età prescolare. Una capra adulta sarebbe l'ideale. Se intendete avere più di un bambino, portatevi dietro più di una capra. Fate la spesa della settimana senza perdere di vista le capre. Pagate per tutto quello che le capre mangiano o distruggono.

8. Imparate i nomi di tutti i personaggi dei cartoni animati che si vedono alla televisione. E quando vi sorprenderete a cantare la filastrocca più in voga sotto la doccia, vorrà dire che vi siete qualificati come genitori.

9. Ripetete sempre tutto quello che dite almeno cinque volte.

10. Prima di decidere di mettere al mondo dei bambini, trovate una coppia di sposi già con figli e rimproverateli per i loro metodi disciplinari, per la poca pazienza, e per aver permesso ai loro marmocchi di fare il diavolo a quattro. Consigliate loro il modo migliore di farli dormire, di abituarli a usare il vasino, di insegnargli a stare a tavola, e insomma a comportarsi bene. E godetevi il momento. Sarà l'ultima volta in vita vostra che avrete conosciuto tutte le risposte giuste.

David Baldacci (Ford) - Cani da Guardia


David Baldacci è probabilmente conosciuto così solo in Italia, dove un solerte editore ha creduto di vendere più copie delle sue opere se, perdendo il Ford dal cognome, lo srittore sembrava un po' più uno scrittore nostrano.
Invece Baldacci è americanissimo, e le sue storie sono intrise di situazioni americanissime.
Anche questa: Vietnam, Golfo, CIA, Fbi, Presidenti onnipotenti e figuri snza scrupoli che si muovono nell'ombra alle loro spalle. E serial killer, ovviamente...

Il libro si presenta subito come la continuazione di un'altro, di cui riprende a piene mani i personaggi, ma il nostro David baldacci non si fa molto scrupolo di ripresentarli al nuovo ignaro lettore: ci vogliono alcuni capitoli per capire come sono legate tra loro le varie figure, e quasi mezzo libro per intuire i veri rapporti di forza in campo.

Il libro però è bello, ha un buon ritmo e attrae il lettore: la narrazione - posto quello che ho già detto sui personaggi - scorre comunque abbastanza svelta, e per quanto attiene i personaggi nuovi, il lavoro è fatto con buona definizione.

Quello che però lascia un po' perplessi è la trama, il susseguirsi degli avvenimenti, e di quali avvenimenti: più che in un libro, alla fine sembra di trovarsi in una sceneggiatura per un cartoon, o per delle strips da supereroi, con buoni ma dannati che sembrano soccombere e poi ritornano immortali, e cattivi invincibili e senza cuore che poi si redimono, ma un momento troppo tardi per sfuggire al loro destino.

Insomma, svago svago svago. Bello, ma assolutamente di solo svago.

mercoledì 22 aprile 2009

Cercare il lato positivo...


Riporto un pensiero che viene attribuito ad Albert Einstein.
Non so se la paternità è esatta, ma il pensiero comunque merita di soffermarsi un attimo.

"Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose.
La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall'angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. E' nella crisi che sorge l'inventiva, le scoperte e le grandi strategie.
Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere 'superato'.
Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e difficoltà, violenta il suo stesso talento e dà più valore ai problemi che alle soluzioni.
La vera crisi, è la crisi dell'incompetenza.
L' inconveniente delle persone e delle nazioni è la pigrizia nel cercare soluzioni e vie di uscita. Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una routine, una lenta agonia.
Senza crisi non c'è merito. E' nella crisi che emerge il meglio di ognuno, perché senza crisi tutti i venti sono solo lievi brezze.
Parlare di crisi significa incrementarla, e tacere nella crisi è esaltare il conformismo.
Invece, lavoriamo duro.
Finiamola una volta per tutte con l'unica crisi pericolosa, che è la tragedia di non voler lottare per superarla."

C'è da pensare.

martedì 14 aprile 2009

Marco Venturino - Si è fatto tutto il possibile...


Diciamolo subito: un libro terribile.
Terribile, perchè Venturino narra le psico-vicende di un primario anestesista che.. ha sbagliato.
Terribile, perchè sa perfettamente di cosa sta parlando, essendo lui stesso un medico, anzi un Primario, e per di più Anestesista, e il dipinto del suo mondo ha tinte ferocissime che - purtroppo - sono accomodate su una storia davvero molto verosimile.
Terribile, perchè la macerazione dell'uomo che si scopre fallibile (e fallace) ci proietta in un mondo di depressione e di tristezza senza pari; sembra che il guaio sia capitato a noi lettori, tanto vivide sono le situazioni.
Terribile, ancora, perchè se pensi che il mondo che Venturino descrive potrebbe essere davvero reale, ti vengono non solo i brividi, ma ti monta una rabbia sorda, che cresce dal basso, e ti pervade tutto, 'sporcando' tutto quello che vdi intorno a te.
Terribile allora: anche se il libro è oggettivamente ben scritto, arrivi ad un certo punto che hai nausea di tutto questo che stai leggendo: a quel punto o smetti, o se non riesci vuoi proprio vedere come va a finire.
Terribile, dunque: io ho passato una settimana di cattivo umore, proprio per il transit che dal libro mi passava nella mia vita reale.
E dunque, se ne avete lo stomaco, leggetelo: ma sappiate che è terribile.
Se per voi però la lettura deve essere un buon passatempo rilassante, datemi retta: leggete altro.

martedì 7 aprile 2009

Andrea Camilleri - Un sabato, con gli amici


Camilleri è una penna spettacolare, con gli anni si è sempre più affermato sia con quel suo linguaggio siciliano italianizzato (che ha portato un mare di 'polentoni' come noi a capire un po' meglio modi di dire e - perchè no - di vivere praticati sull'isola bella) sia anche in una prosa più tradizionale.

Il suo ultimo lavoro è di quest'ultima specie: in italiano; Camilleri si cimenta con l'intreccio di varie storie all'apparenza normali, ma che sotto sotto si rivelano decisamente'forti'.

Sette amici, compagni di vita in una cittadina non meglio identificata di una zona qualunque in Italia: magari è Milano, ma potrebbe essere Roma, Trento o Palermo senza problemi; invece tutti loro hanno avuto un problema: un macigno che ha schiacciato in modi diversi la loro infanzia.
In loro questi contatti ravvicinati con il dolore e/o la violenza hanno intaccato profondamente lo sviluppo psicologico, e tutti se ne trascinano un ricordo che li segna nella vita da adulti.

Il libro parte da flashback d'infanzia di sette bambini diversi, frammenti paralleli nel tempo, ma anche - in qualche modo - nelle vicende; Camilleri non fa nomi in questa fase, si limita a descrivere le situazioni che essi vivono.
Poi la storia torna ai giorni nostri: vite parallele di quasi-quarantenni in carriera, ciascuno con le proprio fatiche ed i propri limiti, che saltuariamente si ritrovano a casa dell'uno o dell'altro alla sera del sabato.
L'intreccio tra le vite di questi sei personaggi si sospetta unito, ma se ne viene informati solo a poco a poco, pagina dopo pagina, con maestria.

L'ingrediente che fa impazzire la majonese (ma la mia scelta di questo paragone non è un azzardo) è il ritorno a casa del settimo uomo: le storie del liceo e dell'università si fanno di colpo pesantissime, cadono sul gruppo, e succede quel che deve succedere.

La fine del libro poi torna nel passato, conclude le storie e le storiacce di quei bambini, mette i nomi e svela chi sono realmente gli adulti di oggi.

Ma torniamo alla majonese: l'idea è fantastica, il libro è ben scritto, ma portroppo è troppo... breve.
Non si riesce a cogliere con chiarezza il carattere dei personaggi, e spesso li ho trovati anche confusi, mescolati, poco delineati: il folle gesto poi, il momento in cui tutto accade, mi è parso francamente inspiegabile, e solo dopo una attenta riflessione ne ho (forse) colto il motivo...
Serviva forse più spazio per narrarlo, per motivarlo, anche solo per lasciare intuire la verità...

Per me, probabilmente, non il miglior lavoro di Camilleri, pur ammettendo una struttura narrativa intrigante, e comunque pagine di indubbio pregio.

Ma andrebbe riletto almeno una seconda volta, ed andrebbe fatto non per assaporarlo appieno, ma solo per comprendere il tutto.

giovedì 2 aprile 2009

Michael Connelly - Il cerchio del lupo



Un nuovo thriller di Connelly, un'altra avventura con Harry Bosch.
Connelly è uno dei miei autori preferiti: l'ho conosciuto con Vuoto di Luna, ormai molti anni fa, e nella stessa occasione ho incontrato Harry (Hieronymus) Bosch, detective della Rapine & Omicidi a L.A.
Il tapino (si porta sulle spalle il nome di uno dei più noti produttori di quadri terrificanti di tutti i tempi) è invece investigatore tosto e fino, ma cova nel suo intimo un crogiuolo di sentimenti contrastanti, e di insicurezze irrisolte, che lo rendono spesso vulnerabile più del dovuto; una vulnerabilità solo psicologica però, visto che - malgrado un'età non più giovanissima - Harry Bosch continua a catturare assassini di ogni stazza.
Il manoscritto originale reca un copyright del 2006, ma in Italia è giunto solo ora. Leggendo il libro, la motivazione per cui non è stato tradotto "ventre a terra" anche da noi traspare con una vaga chiarezza.
Harry Bosch sta rivedendo uno dei casi irrisolti che rappresentano i suoi fantasmi, quando inopinatamente un assassino seriale si autoaccusa del misfatto. Fulmine a ciel sereno, ma a poco a poco il nostro Harry scopre il marcio che sospetta, anche se non si crederebbe fino a dove deve arrivare.
Purtroppo nel corso della vicenda Bosch tralascia il più banale dei controlli degli indizi (se ne ricorda - colpevolmente - solo 150 pagine dopo); ed allo stesso modo Connelly - altrettanto colpevolmente - si dimentica di spiegarci un passaggio logico essenziale (anche se lo fa da par suo).
Il libro nel suo complesso è bello ed appassionante, come sempre, ma sembra che Connelly sia interessato a far rientrare nel turbillon dei suoi personaggi una certa figura femminile (che aveva già fatto capolino alcuni volumi fa) necessaria alla definizione delle paturnie del nostro Harry (e non solo: pare anche molto funzionale all'intreccio...).
Già annunciato il prossimo 'episodio' (La città buia, confermo che la figura di Rachel ci sarà anche qui...), staremo a vedere.

Ed ora passo a leggere Camilleri.