martedì 26 aprile 2011

Apologia di un foglio bianco

Poco meno di due mesi fa ho fatto (e perso) una scommessa con una Amica. Il pegno previsto era un componimento a tema scelto dal vincitore; quando chiesi il pegno che avrei dovuto pagare, mi recapitò questa mail:

Soggetto: Apologia di una pagina bianca scritta in forma di elegia,
dedicata ad uno scrittore che si sente un poeta mancato

Motivazione: Non essendoci argomenti sui quali a priori penso tu non
possa scrivere, l'unica difficoltà poteva essere rappresentata dallo
stile... Dalla prosa alla poesia!
La ricevetti mentre ero alla guida della mia auto, e mi dovetti fermare per leggere e ben comprendere il senso del guaio che mi era appena accaduto.
Il problema principale, ben ragionava l'Amica, era rappresentato da quella parolina: Elegia.
L'elegia è la denominazione del genere letterario che raggruppa i componimenti lirici della poesia greca e romana accomunati da una forma metrica specifica, e da una diversità di argomenti in opposizione all'epica. (...) Il termine "elegia" indicava inizialmente qualunque componimento il cui metro era il distico elegiaco (esametro + pentametro dattilico). (...)
(fonte Wikipedia http://it.wikipedia.org/wiki/Elegia)
Esametro e pentametro dattilico?!? Le reminescenze di greco e latino mi gelarono il sangue: il dattilo è un gruppo fonico con una sillaba dal suono lungo e due dal suono breve, e nell'esametro sono sei (l'ultima è in realtà di due sillabe 'lunghe'), mentre il pentametro è una coppia di 'dattili' più una sola sillaba 'lunga', il tutto ripetuto due volte. 
Fantastico! E come lo applichi in italiano? 
Il mio tentativo è stato quello di far coincidere le 'lunghe' con le accentate, con le sillabe ove si posa l'accento di pronuncia, o tutt'al più con i dittonghi. Mi ci è voluto ben più dei dieci giorni inizialmente concessimi, ed il risultato a me non sembra eccezionale. 
Però la mia Amica, che ha vinto e che quindi ha diritto di pieno possesso sul componimento, desidera che sia pubblicato, così... obbedisco. A voi le valutazioni!

Apologia di un foglio bianco


(dedicato ad uno/a scrittore/trice che, pur essendo ottimo/a narratore/trice, si sente poco o niente poeta/essa; ogni riferimento maschile può essere letto al femminle)



E' oltraggioso per un foglio / rimanere immacolato,

completamente vacuo, / senza un singol segno,

scevro da qualsiasi terzina / che un poeta abbia ideato

né che un sol verso stia / ivi ben intrappolato.

Che si tratti di delitto, / o di un autentico reato,

sai caro Amico mio, / nessun lo discuterà:

però in guisa sì eguale / il violar un foglio intonso

par si deve definir / qual turpe sacrilegio.





Consideriam del suo candore / quell'intrinseca bellezza

che foglio senza quadri / né men righe sa vantar

sulla cui pagina bianca / libero può spaziar l'occhio

e senza fren'il pensier / rapido può rotear.

Il tatto scorre appagato / dalla liscia superficie

tal che nessun inchiostro / ad oggi giammai violò;

e infin anche il profumo / di sì nuova e fresca carta

sensazion inebriante / conquista l'odorato.





Terribil son gli oltraggi / pel foglio quand'è vergato

da punta d'una penna, / oppure d'una stilo:

la carta resta incisa, / compressa e infin segnata

causa l'azione rude / di un ferreo pennino.

Che dire ancor del fatto / dell'elettrica stampante

che mal lascia il bianco / tutto contaminato?

Oppur ancor lo spregio / che la macchina per scrivere

l'immacolato piano / con nessun garbo scava?





Sol la Nobil Poesia / può violare impunemente

sì pallido candore / d'un foglio senza righi

con tal elevato efflato / che nessun palesemente

tra noi mortali possa / considerar blasfemo.

Allor infatti l'occhio anela / su ininterrotto scritto

via scorrer seren e gaio / senz'una costrizione

e lungo rotte immaginarie / tracciate dall'inchiostro

vuol veleggiar rapito / da cotanta maestria.





Freme il tatto al desiderio / di seguirne il solco

inciso dall'acume / di tanta veemenza

che ha saputo ispirare / un poetico pennino

lasciando sulla carta / dell'emozion il segno.

E se già lieve il dito / piano accarezza il foglio

or pure l'odorato / piacer cogliendo sta

sì che magico mélange forma / il profumo dell'inchiostro

unito scientemente / con quello della carta.



Orsù Amico mio cortese, / che pensi il tuo poetar

così poco valente / da non regger giudizio,

obliar non dev'il tuo lavor / poiché non svolto in rime

e lasciar per questo / immacolat'il foglio.

Ai tuoi comandi la penna / grandi storie va a narrar

immortalando pure / fantastiche novelle

e legandol stretto al testo / un lettor rapito resta

a carta incollato / che distrarsi più non può.





Non alberga nella metrica / la poetica tua arte

bensì nel sentimento / che maestro sai narrar,

nelle magiche emozioni / che tratteggiar sei bravo

con lievi pennellate / di parole colorar.

Avanti mio caro Amico / adesso è giunta l'ora

di impugnare l'arma / a te più congeniale:

vìola il bianco con la penna / suvvia non indugiare

che il tuo lettor desìa / sognar un'altra volta.

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