Poco meno di due mesi fa ho fatto (e perso) una scommessa con una Amica. Il pegno previsto era un componimento a tema scelto dal vincitore; quando chiesi il pegno che avrei dovuto pagare, mi recapitò questa mail:
Soggetto: Apologia di una pagina bianca scritta in forma di elegia,
dedicata ad uno scrittore che si sente un poeta mancato
Motivazione: Non essendoci argomenti sui quali a priori penso tu non
possa scrivere, l'unica difficoltà poteva essere rappresentata dallo
stile... Dalla prosa alla poesia!
La ricevetti mentre ero alla guida della mia auto, e mi dovetti fermare per leggere e ben comprendere il senso del guaio che mi era appena accaduto.
Il problema principale, ben ragionava l'Amica, era rappresentato da quella parolina: Elegia.
L'elegia è la denominazione del genere letterario che raggruppa i componimenti lirici della poesia greca e romana accomunati da una forma metrica specifica, e da una diversità di argomenti in opposizione all'epica. (...) Il termine "elegia" indicava inizialmente qualunque componimento il cui metro era il distico elegiaco (esametro + pentametro dattilico). (...)(fonte Wikipedia http://it.wikipedia.org/wiki/Elegia)
Esametro e pentametro dattilico?!? Le reminescenze di greco e latino mi gelarono il sangue: il dattilo è un gruppo fonico con una sillaba dal suono lungo e due dal suono breve, e nell'esametro sono sei (l'ultima è in realtà di due sillabe 'lunghe'), mentre il pentametro è una coppia di 'dattili' più una sola sillaba 'lunga', il tutto ripetuto due volte.
Fantastico! E come lo applichi in italiano?
Il mio tentativo è stato quello di far coincidere le 'lunghe' con le accentate, con le sillabe ove si posa l'accento di pronuncia, o tutt'al più con i dittonghi. Mi ci è voluto ben più dei dieci giorni inizialmente concessimi, ed il risultato a me non sembra eccezionale.
Però la mia Amica, che ha vinto e che quindi ha diritto di pieno possesso sul componimento, desidera che sia pubblicato, così... obbedisco. A voi le valutazioni!
Apologia di un foglio bianco
(dedicato ad uno/a scrittore/trice che, pur essendo ottimo/a narratore/trice, si sente poco o niente poeta/essa; ogni riferimento maschile può essere letto al femminle)
E' oltraggioso per un foglio / rimanere immacolato,
completamente vacuo, / senza un singol segno,
scevro da qualsiasi terzina / che un poeta abbia ideato
né che un sol verso stia / ivi ben intrappolato.
Che si tratti di delitto, / o di un autentico reato,
sai caro Amico mio, / nessun lo discuterà:
però in guisa sì eguale / il violar un foglio intonso
par si deve definir / qual turpe sacrilegio.
Consideriam del suo candore / quell'intrinseca bellezza
che foglio senza quadri / né men righe sa vantar
sulla cui pagina bianca / libero può spaziar l'occhio
e senza fren'il pensier / rapido può rotear.
Il tatto scorre appagato / dalla liscia superficie
tal che nessun inchiostro / ad oggi giammai violò;
e infin anche il profumo / di sì nuova e fresca carta
sensazion inebriante / conquista l'odorato.
Terribil son gli oltraggi / pel foglio quand'è vergato
da punta d'una penna, / oppure d'una stilo:
la carta resta incisa, / compressa e infin segnata
causa l'azione rude / di un ferreo pennino.
Che dire ancor del fatto / dell'elettrica stampante
che mal lascia il bianco / tutto contaminato?
Oppur ancor lo spregio / che la macchina per scrivere
l'immacolato piano / con nessun garbo scava?
Sol la Nobil Poesia / può violare impunemente
sì pallido candore / d'un foglio senza righi
con tal elevato efflato / che nessun palesemente
tra noi mortali possa / considerar blasfemo.
Allor infatti l'occhio anela / su ininterrotto scritto
via scorrer seren e gaio / senz'una costrizione
e lungo rotte immaginarie / tracciate dall'inchiostro
vuol veleggiar rapito / da cotanta maestria.
Freme il tatto al desiderio / di seguirne il solco
inciso dall'acume / di tanta veemenza
che ha saputo ispirare / un poetico pennino
lasciando sulla carta / dell'emozion il segno.
E se già lieve il dito / piano accarezza il foglio
or pure l'odorato / piacer cogliendo sta
sì che magico mélange forma / il profumo dell'inchiostro
unito scientemente / con quello della carta.
Orsù Amico mio cortese, / che pensi il tuo poetar
così poco valente / da non regger giudizio,
obliar non dev'il tuo lavor / poiché non svolto in rime
e lasciar per questo / immacolat'il foglio.
Ai tuoi comandi la penna / grandi storie va a narrar
immortalando pure / fantastiche novelle
e legandol stretto al testo / un lettor rapito resta
a carta incollato / che distrarsi più non può.
Non alberga nella metrica / la poetica tua arte
bensì nel sentimento / che maestro sai narrar,
nelle magiche emozioni / che tratteggiar sei bravo
con lievi pennellate / di parole colorar.
Avanti mio caro Amico / adesso è giunta l'ora
di impugnare l'arma / a te più congeniale:
vìola il bianco con la penna / suvvia non indugiare
che il tuo lettor desìa / sognar un'altra volta.
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